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Il chiodaiolo di Mezzenile

 

2005 Comune di Front (TO) Monumento ai chiodaioli di Mezzenile - marmo di Ormea h. cm. 220

 

 

 

Mezzenile è adagiato sulla riva destra della Stura su di un verdeggiante altopiano che si estende sino alle falde della Rocca Moross e dell'Uja di Calcante. È un territorio ricco di boschi e pascoli. Il nome deriva dal latino tardo medievale mansionile (casa colonica con porzione di terreno), e potrebbe far pensare ad un'occupazione alto medievale. Nel secolo XI Mezzenile, insieme a Balangero, Monastero, Ceres, Ala, Chialamberto, Cantoria, Monasterolo, faceva parte dei possedimenti dei monaci benedettini dipendenti dall'Abbazia di San Mauro di Pulcherada. Quest'abbazia amministrava i territori tramite un priorato insediato a Mathi. Molti di questi paesi furono costruiti o riedificati dai monaci stessi. Il documento più antico riguardante il territorio di Mezzenile, che allora comprendeva anche il comune di Pessinetto, è la concessione di Guglielmo VII di Monferrato, per lo sfruttamento delle miniere locali datata 1289. Allora Mezzzenile appare già come centro abitato importante, con una chiesa parrocchiale e sede di attività artigianali correlate alla produzione mineraria, come la fabbricazione di chiodi. Infatti Mezzenile, con Pessinetto e Traves è stato nei secoli passati un importante centro per la produzione di chiodi. Come testimoniano le molte fucine presenti su tutto il territorio. Nel secolo XIV Casa Savoia, subentrò al Monastero di Santa Maria di Pulcherada. Dopo che Vittorio Amedeo II suddivise la Castellania di Lanzo, Mezzenile passò sotto il controllo dei Beltramo di Monasterolo e nel secolo XVIII ai Conti Francesetti. Si ricorda il conte Luigi Franesetti autore di "Lettres sur les Vallees de Lanzo" (1823), diario di viaggio attraverso le Valli di Lanzo. Ecomuseo dei Chiodaioli: Come richiama il nome dell'ecomuseo, la lavorazione dei chiodi è la tematica principale offerta al visitatore, che ha la possibilità di scoprire i siti dove un tempo erano attrezzati piccoli laboratori per la produzione di chiodi e di altri oggetti in ferro. L'Ecomuseo dei Chiodaioli si presenta come una tipica esposizione all'aria aperta da visitare lungo due sentieri escursionistici poco impegnativi, in cui i diversi elementi dell'ambiente naturale costituiscono ulteriore motivo di interesse. Percorso breve: dislivello complessivo m. 100 circa; tempo di percorrenza: ore 1-1,30; difficoltà: turistico; periodo consigliato: tutto l'anno. Il percorso breve si sviluppa attraverso il centro storico della frazione Forneri che ricorda nel toponimo l'originaria funzione mineraria ed è ricca di numerosi elementi di architettura tradizionale (piloni votivi, passaggi coperti, case con colonne e pilastri). Poco a monte della frazione si raggiunge la fucina “Neuva” del 1850, per poi attraversare i centri storici delle frazioni Villa Superiore e Catelli, anch'essi ricchi di elementi architettonici tradizionali, meridiane e affreschi. Percorso lungo: dislivello complessivo: m. 500 circa; tempo di percorrenza: ore 3-3,30; difficoltà:escursionistico; periodo consigliato: aprile-novembre. L'itinerario lungo ha inizio poco a monte della fucina Neuva e segue un sentiero piacevole e pianeggiante tra i prati, con bella veduta sul sottostante centro di Mezzenile. Si imbocca poi una mulattiera in salita che conduce alla frazione Cugn, Goulët e Rambocchiardo. Poco prima delle case di Rambocchiardo si prosegue nuovamente su una mulattiera che conduce ai prati delle “Pënissiërë”. Poche decine di metri di strada sterrata portano alla soprastante Cappella del Giardino, con il campanile in pietra a secco e pregevoli ex voto ed affreschi all'interno. Ritorno lungo lo stesso percorso, oppure scendendo dalla Cappella del Giardino alla frazione Goulët lungo la carrozzabile sterrata (ore 3 -3,30). CHIODAIOLO - E' il fabbricante di chiodi. Le fucine da chiodaiolo erano costituite da piccoli fabbricati con uno o più focolari a due fuochi, attorno ai quali quattro o sei blocchi di buon granito sostenevano altrettanti incudini a ¨T¨. Ogni incudine, all'estremità, portava due fori. Nel foro a sinistra, per chi lavorava era fissato un tagliolo, nel foro a destra una matrice parallelopipedica (sostituibile a seconda dei tipi di chiodi richiesti) con un foro passante. Questi artigiani fabbricavano i chiodi a zappa (broche in dialetto) per scarponi da montagna. Mezzenile, ridente località delle valli di Lanzo, sorge in un verdeggiante pianoro a nord ovest del capoluogo. Il toponimo sembra doversi accostare al sostantivo "mediana" come terra circondata da fiumi. L'origine di Mezzenile è antica, sebbene siano scarsi i documenti in merito. Si ha notizia dell'insediamento in questi Luoghi nel 1289 di un'attività per lo sfruttamento delle miniere, su concessione di Guglielmo VII del Monferrato. Nel 1341 il conte Amedeo di Savoia subentrò nei diritti del monastero di San Mauro su Mezzenile. Dopo lo smembraimento della castellania di Lanzo ad opera di Vittorio Amedeo II, Mezzenile divenne feudo dei Beltramo di Monasterolo e nel 1793 passò ai conti Francesetti. A questa famiglia appartenne il conte Luigi, sindaco di Torino e autore dell'opera "Lettres sur Ies Vallées de Lanzo" edita nel 1823. Altro illustre cittadino di Mezzenile fu Luigi Genina, deputato, giudice, consigliere di stato e promotore della strada Lanzo-Ceres. L'antica Parrocchiale di San Martino risalente al XVI secolo venne trasformata quasi interamente fra il 1818 e il 1865; solo il campanile conserva alcune parti della originaria costruzione romanica. La chiesa fu consacrata nel 1868 dal vescovo di Torino. La facciata della parrocchiale è una miscellanea di stili dal rinascimentale al barocco. L'altare maggiore, in ricchi marmi policromi, fu costruito nel 1925 in sostituzione del precedente che era in legno. Vicino alla parrocchiale, in frazione Villa Inferiore, si erge il Castello dei conti Francesetti, con le quattro caratteritiche torri. Il capoluogo sorge in un pianoro a destra della Stura, il resto del territorio comunale si estende lungo le falde della Rocca Moros e del Calcante. Nel vasto bacino boscoso sono disseminati molti nuclei abitati. Mezzenile ha una felice posizione geografica per le profonde insenature che mitigano la violenza dei venti e ricevono l'aria salubre dell'arco alpino. I luoghi, ricchi di alberi, fiori e sorgenti di acqua, sono ideali per passeggiate ed escursioni in ogni stagione dell'anno. E questa una zona ricca di minerali sfruttati nei secoli scorsi; con le vicine località di Pessinetto e Traves era famosa per l'industria dei chiodi, che figurano pure nello stemma comunale. Ora il paese vive di agricoltura, di piccole imprese e turismo, ma buona parte della popolazione è occupata nell'industria torinese e del basso Canavese. Molto probabilmente i primi frequentatori delle valli furono membri di tribù nomadi di cacciatori e pastori che incominciarono a risalire i solchi vallivi lasciati liberi dai ghiacciai dopo l’ultima grande glaciazione (10.000 a.c; le enormi lingue di ghiaccio si arrestarono nei pressi dell’attuale Germagnano). Anche popoli celtici provenienti dal versante francese raggiunsero le Valli di Lanzo colonizzando inizialmente le terre più alte per scendere poi progressivamente a valle, mischiandosi così con le altre popolazioni presenti. Le prime notizie certe delle Valli di Lanzo si hanno in epoca romana quando la tribù celto-ligure dei Garoceli (o Graioceli), sottomessa probabilmente al Re Cozio (il leggendario Re Montanaro), fieramente si oppose al passaggio degli invasori romani che tentavano di raggiungere le Gallie. Venuti poi a patti con Cozio e con le popolazioni locali i romani aprirono numerose vie per le Gallie e nelle Valli di Lanzo vi erano certamente quelle che transitavano per i colli dell’Autaret (m 3071) e d’Arnas (m 3010); soprattutto nella zona di Usseglio sono stati rinvenuti diversi reperti risalenti all’epoca romana. Due are votive dedicate ad Ercole, trovate lungo la via d’Arnas, si conservano nei pressi della vecchia parrocchiale di Usseglio e vicino alla chiesa di Piazzette. Dopo il crollo dell’Impero Romano le valli, vista la loro posizione incassata e senza valichi di grande importanza, non subirono se non sporadicamente invasioni barbariche ed in seguito di saraceni. Si è a conoscenza che intorno al VII/VIII secolo la zona venne accorpata alla diocesi di S. Jean de Maurienne, in Alta Savoia. I primi documenti in cui compare il nome di Lanzo risalgono però al X/XI secolo quando le valli erano sotto il controllo della Contea e della Diocesi di Torino. Notevole in quell’epoca l’impulso all’agricoltura ed alla pastorizia; si può praticamente dire che in quegli anni si completò la colonizzazione delle Valli di Lanzo. Fecero seguito anni di relativa tranquillità; nel 1341 i Benedettini del Monastero di S. Mauro di Pulcherada cedettero ad Aimone di Savoia il controllo delle valli salvo alcuni alpeggi e qualche porzione della Val di Viù acquisite in seguito; da allora in poi le Valli di Lanzo seguirono le sorti di Casa Savoia. In quegli anni, al fianco delle tradizionali attività legate a pastorizia ed agricoltura, incominciò un intensissimo sfruttamento delle molte risorse minerarie presenti in zona. Fu in quei secoli che le leggendarie foreste che ricoprivano le valli e consentivano, si dice, agli scoiattoli di percorrere molti chilometri senza scendere mai dalle piante, subirono un massiccio ridimensionamento ed andarono a finire, come combustibile, nelle voraci fucine e forni del fondovalle. Anche la fauna era particolarmente ricca (orsi, lupi, cinghiali, ecc...) ed ancora oggi alcuni toponimi (ad es. Valle Orsiera, Vallone di Venaus) ricordano la loro antica presenza; orsi e lupi si estinsero all’inizio del XIX secolo ed in epoca medievale numerosi documenti ricordano che per ogni capo abbattuto si doveva pagare un tributo alla Castellania di Lanzo. Sempre nel Medioevo vi furono migrazioni di popolazioni dal Bergamasco e dalla Val Sesia poichè le miniere, i forni e le fucine delle valli richiedevano sempre maggiore mano d’opera. Si svilupparono allora, nei vari paesi, delle vere e proprie specializzazioni che si mantennero per secoli; ad esempio a Mezzenile e Traves si facevano chiodi mentre a Ceres serrature. L’attività mineraria andò in crisi all’inizio dell’800, molte miniere vennero chiuse perchè i filoni si erano esauriti e di conseguenza le fucine chiusero perchè mancava la materia prima. La crisi provocò gravi problemi occupazionali e nelle Valli di Lanzo, come in molte altre vallate alpine, si sviluppò il fenomeno dell’emigrazione, prima temporanea, in inverno, e poi definitiva, provocando così il graduale spopolamento delle zone di montagna.Fu allora, con la crisi del settore minerario, che le Valli di Lanzo scoprirono la loro vocazione turistica: scienziati (per studiare la rigogliosa natura), villeggianti (membri di famiglie nobili e dell’alta borghesia) ed alpinisti (per violare le immacolate cime) iniziarono a risalire le valli. Non va nemmeno dimenticato che nel 1863 nasceva a Torino il Club Alpino Italiano e le montagne valligiane erano le più alte facilmente raggiungibili dalla prima generazione di alpinisti torinesi. Le valli divennero ancora più facilmente raggiungibili quando, a partire dalla seconda metà dell’800, furono costruite strade carrozzabili che risalivano i fondovalle; inoltre furono approntati ed attivati i primi tratti della futura Ferrovia Torino-Ceres con il primo troncone che collegava Ciriè a Lanzo. Tra la fine dell’800 e l’inizio del’900 sorsero ville ed alberghi famosi dove soggiornarono a lungo autorevoli membri di Casa Reale e personaggi famosi (Guglielmo Marconi su tutti). Con la seconda guerra mondiale ai turisti si sostituirono gli sfollati; oltre a ciò dal settembre 1943 al maggio 1945, sulle montagne delle valli si svolsero durissimi combattimenti tra partigiani e nazifascisti che portarono lutti e distruzione all’inerme popolazione civile. Purtroppo numerose nelle vallate sono le lapidi ed i monumenti commemorativi dedicati alle vittime delle feroci rappresaglie dei nazifascisti. Nel dopoguerra il turismo dell’alta borghesia torinese si orientò verso lidi più alla moda e le valli iniziarono a ricevere numerose visite domenicali di turisti motorizzati e armati di tavolini, braciole e radio. Contemporaneamente si assistette al ritorno di molti valligiani che, dopo lunghi anni di lavoro in città, rientravano al paese d’origine. Purtroppo però, dagli anni ‘50 ai nostri giorni, la diminuzione e l’invecchiamento della popolazione residente è stata costante e considerevole a causa dell’emigrazione di molti valligiani in età lavorativa verso la pianura. Ultima nota storica è l’alluvione del Settembre ‘93 che ha colpito soprattutto lla Bassa Valle e la Val Grande abbattendo ponti e sconvolgendo l’aspetto morfologico dei luoghi vicini ai corsi d’acqua. Come si vede l’umile storia delle Valli di Lanzo è simile a quella delle tante valli dimenticate delle nostre montagne, una storia povera che forse i più ritengono sia bene non conoscere neppure perchè, apparentemente, ha poco o nulla da insegnare. Ma forse, proprio scoprendo e conoscendo la dura e silenziosa vita delle generazioni di montanari che ci hanno preceduto si potrà trarre qualche utile insegnamento per il futuro; pensando a quando l’uomo sviluppava le proprie opere ed il proprio lavoro integrandoli completamente con la natura e con l’ambiente circostante ottenendo forse di più di quanto noi ora otteniamo con cemento, dighe e tralicci di elettrodotti.